23 luglio 2005

A volte ci scappa il morto

Salutata Carla, ieri sera, rientravo verso casa. Nei giardini della stazione, grande sfavillio di luci blu, una pozza enorme di sangue sull'asfalto, nastri segnaletici tirati ovunque e gente visibilmente sconvolta. Oggi Gianfranco Bianco al Tg Piemonte racconta che ieri sera a Bra sono addirittura volate le pallottole. Tre giovani in rissa. Un coltello ha tranciato un'arteria femorale e uno dei tre ci è rimasto.

Cronache che la tivù ci passa tutti i giorni, ma vedere certe scene sotto casa garantisco che fa un certo effetto.

Ma dico io: perché??

E se qualcuno prova a dirmi "finché s'ammazzano fra di loro va bene.. si fanno fuori e puliscono la città...", sappia che con una frase del genere potrei buttarlo fuori a calci e senza troppi ripensamenti da un bel po' di posti dove tentiamo di ragionare in maniera esattamente opposta. A me non interessa di chi fosse la colpa, chi avesse cominciato, perché si trovasse in quel luogo. E a ben vedere me ne frega relativamente poco di considerazioni come "se la sono voluta" oppure "un italiano per cose del genere ha grane a non finire, un albanese la fa franca".

Un ragazzo di venti e qualche anno ha finito la sua vita dissanguato. E' questo il punto. Cerchiamo in tutti i modi di far pagare il colpevole, ma cerchiamo di costruire una cultura dove la smettiamo di ucciderci uno con l'altro. Perché non c'è ergastolo che ci restituisca una giovane vita. Né tanto meno una sedia elettrica. Bisogna agire a monte.

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