E venne il giorno in cui partimmo per la spianata di Marienfeld. Un'avventura cominciata alle 5 del mattino di sabato 20 e finita poi alle 13,30 di lunedì 22 con l'arrivo a Bra. Un unicum.
La levataccia, la galoppata per Dusseldorf con i bagagli al seguito verso Sant'Ursula, dove li abbiamo parcheggiati. Colazione. Tram. Stazione. Non ci volevano far salire sul treno secondario per Horrem mentre volevano pigiarci sulla linea che passava per Colonia. Abbiamo insistito e alla fine sfondando un po' le barriere siamo saltati sull'omologo del nostro minuetto, lungo una linea a singolo binario e non elettrificata.
Arrivo al paesello di Horrem. Ci incamminiamo. Attraversiamo la distesa di casette. Poi verso i campi. Poi nel grano appena tagliato. E laggiù, in lontananza, il profilo di quello che sarebbe stato Marienfeld.
Ho messo la chitarra al collo. E abbiamo cantato. La strada è sembrata più corta. Ma soprattutto intorno a me strillante si è
formato un coro internazionale, sulle note del Magnificat e di Venimus Adorare Eum, ma anche di Guantanamera e della Bamba. Con mani, tamburelli, fischietti.
Entrata nel campo. Ricerca del settore B10. Solo tanta tantissima erba alta. Via dunque agli spianamenti: teloni, materassini, sacchi a pelo. Una scatola per il pranzo, la cena, la colazione (e il pranzo e la cena successivi, ahinoi) esattamente in linea con quanto consumato nei giorni precedenti.
E dopo la pappa... la nanna. E anche se il cielo minaccia diluvio, una sola certezza: non pioverà. Non può piovere, qui. Non deve. E difatti, a fine pomeriggio... il sole. E di notte ci sarebbero state persino le stelle.
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