Così mi sono sentito oggi per due volte. Quando sono arrivato a un passo dal cibo ed era finito. E poi per ore al cancello dell'arena, con metà dei nostri dentro e noi sbarrati fuori allo scadere della x-sima persona che ha fatto scattare il troppo pieno. Vedere la meta e non poterla raggiungere. A modo suo - lo dicevo col don - una piccola catechesi. Ma se non hai le spalle già larghe di tuo, potrebbe succedere che di giornate come queste resti solo il ricordo più cupo. E il compito di noi più vecchi è quello di sostenere e incoraggiare nonostante tutto. Via: tutto è risolto per il meglio. E dell'arena sto occupando il miglior posto davanti al palco. In prima fila. Ci siam persi la messa, pazienza. Ora inizia lo spettacolo.
Tre note comunque in tono nel dissonante accordo della giornata: la preghiera di stamani con altri della famiglia torinese (che bello ritrovare Paolo Burdino) con un pianoforte da brivido, due persone incognite che han detto ad altri di salutarmi (sono famoso?) e il fatto che i nostri cappellini sono continuo oggetto di interesse da parte dei giovani di altre nazioni. F.
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